Sapevate che i datori di lavoro, o chi per loro, durante un colloquio di lavoro non possono chiedervi certe cose? Esattamente ci sono delle domande illegali alle quali non dovete rispondere. Ecco i 9 quesiti che non possono essere fatti durante un’intervista di lavoro.
Domande illecite ad un colloquio di lavoro: le 9 risposte che non dovete dare
In generale, tutto ciò che va a toccare la sfera discriminatoria del soggetto, per idee, sesso, religione, famiglia e tutto ciò che è personale, è vietato. Non è rilevante al fine di un colloquio, sapere se una persona è sposata o meno o ha figli. Questo lo disciplina la Legge.
Normalmente, si risponde a tutto, specialmente i più giovani, ingenui e alle prime armi con il mondo del lavoro, ma se il quesito del referente vi pare troppo personale e “fastidioso” non abbiate remore nel farlo presente e sottraetevi alla risposta senza problemi.
Ecco le domande che, per Legge, non possono farvi durante un colloquio di lavoro:
1. È fidanzat* o sposat*?
Perché è rilevante per la mansione che si andrà a svolgere? No. È solo un dato che interessa al datore di lavoro. Cosa dice la normativa? Art. 27 del Codice Pari Opportunità: «…vietata qualsiasi discriminazione per l’accesso al lavoro…in riferimento allo stato matrimoniale, di famiglia o di gravidanza, nonché di maternità o paternità…».
2. Qual è la sua nazionalità?
Anche questa domanda presuppone una certa discriminazione e non determina le capacità professionali di un soggetto. Anche qui, la Legge lo spiega bene nel trattato sulle Pari Opportunità di trattamento indipendentemente dalla razza o origine, con il Decreto Legislativo 215/2003.
3. Di cosa si occupano i suoi genitori?
Assolutamente non pertinente. Qui si va oltre alle informazioni necessarie per ottenere un lavoro. Si invade la sfera famigliare e intima del soggetto. Inoltre, è una domanda che suona alquanto ‘strana’ e presuppone un certo interesse con tornaconto… Comunque non possono chiedervelo; è stampato nel DL 198/2006.
4. È una persona religiosa? O, quale religione professa?
La fede di un soggetto è completamente fuori luogo davanti ad una selezione di lavoro. Non ne va ad indicare l’idoneità alla professione, come tutte le altre domande “scomode”. Art. 8 Statuto dei Lavoratori: divieto di indagini sulle opinioni: politiche, religiose o sindacali…
5. Vuole avere figli o ne ha già?
Questa è la classica domanda che si pone ad una candidata donna. Vedono i figli come un ostacolo alla prostrazione in ambito lavorativo, il che presuppone meno dedizione all’azienda. Se poi ha intenzione di mettere su famiglia, sarebbe un ostacolo futuro, in quanto si pensa già ad una sostituzione per maternità e soldi spesi in più. Per questo lo chiedono. Vogliono già sapere se sarete produttive e dedite al vostro lavoro o, al contrario, un “futuro problema”. Cosa peraltro non vera.
Sempre nel Codice delle Pari Opportunità, art. 27, dove spiega che la maternità/paternità del lavoratore è un suo diritto e non costituiscono deterrente. Ovviamente, sono escluse anche le domande che ruotano attorno alla situazione: se qualcuno aiuta, come i nonni o la baby sitter, ecc…
6. Ha problemi di salute?
Le proprie condizioni di salute sono assolutamente private e delicate. Una domanda del genere è innanzitutto indelicata, oltre che inappropriata. Stessa cosa per la disabilità, se non specificata nella richiesta attraverso le Categorie Protette. La domanda potrebbe essere posta solo qualora la candidatura del soggetto debba soddisfare determinati requisiti fisici per la mansione da svolgere.
Per salute, s’intende anche quella mentale. Non possono chiedervi se soffrite d’ansia o depressione, attacchi di panico. Sono fatti vostri. Ed è illegale. Come lo attesta il DL n. 276/2003 sulla salute dei lavoratori.
7. Per quale partito politico simpatizza? O, cosa ne pensa della politica?
Se siete affiliati ad un partito politico, un sindacato o avete un forte orientamento, non è rilevante per l’assunzione. È un vostro diritto e il selezionatore non può chiedervelo. Anche qui, come per la religione, è sancito nello Statuto dei Lavoratori, art. 8.
8. Ha avuto problemi con la giustizia in passato?
Anche questa domanda suona discriminatoria e inutile. Specialmente per gli incarichi pubblici, in quanto l’azienda richiede precedentemente il certificato dei carichi pendenti di un soggetto.
9. Ci sono stati problemi con il precedente datore di lavoro?
Indipendentemente dalla risposta, non è utile al fine dell’assunzione. A meno che non riguardi delle specifiche attività lavorative e situazioni particolari. Ma questo è da valutare in base al lavoro per il quale siete chiamati. In generale, i rapporti o i problemi avuto precedentemente con i vecchi capi, non devono influire sulla nuova professione del candidato.
Per il prossimo colloquio di lavoro, siete pronti e consci di ciò che assolutamente non possono chiedervi, o comunque che non siete obbligati a rispondere.
Foto in copertina di 89Stocker – Canva