Fiona, Ian e Julia. Tre nomi dal suono delicato, assegnati alla più grande delle tempeste, l’uragano. Sono loro gli ultimi protagonisti della stagione atlantica degli uragani 2022. Ma perché si formano gli uragani, e perché ne sentiamo parlare principalmente in riferimento agli USA?
Uragani USA: una stagione iniziata nel peggiore dei modi
L’uragano Fiona ha colpito i Caraibi un paio di settimane fa ed è stato categorizzato come tempesta di categoria 4, su una scala di 5, secondo il centro nazionale uragani degli Usa. Il primo vero e proprio uragano della stagione, ha venti fino a 210 chilometri orari.
È notizia ancor più recente invece l’arrivo dell’uragano Julia sulla costa caraibica del Nicaragua e ha scaricato piogge torrenziali in tutta l’America centrale prima di tornare sul Pacifico come tempesta tropicale. Per il momento, è stato categorizzato come uragano di categoria 1 con venti di 140 km/h, diminuiti poi a 65 km/h mentre si spostava oltre il Nicaragua. Il bilancio è di 13.000 famiglie evacuate e un milione di residenti senza elettricità. Decine le vittime.
Ian però è quello che ha fatto più notizia, per la sua forza tanto da definirlo da parte del presidente Biden come probabilmente “il più letale nella storia della Florida”. Il bilancio delle vittime dell’uragano Ian, ha raggiunto al momento i 107 morti, secondo le autorità locali e i media Usa. Di queste vittime, 104 sono state registrate nella sola Florida e altre cinque in North Carolina. I danni stimati delle aree costiere devastate sono di almeno 50 miliardi di dollari.
La stagione degli uragani 2022
La stagione degli uragani atlantici 2022 è iniziata il 5 giugno 2022, con la formazione della tempesta tropicale Alex. Per l’attribuzione dei nomi si è utilizzata la stessa lista usata nel 2016, con l’aggiunta di Martin e Owen al posto di Matthew e Otto. La lista sarà riutilizzata, eccetto eventuali nomi da sostituire, nel 2028. I nomi degli uragani sono decisi dall’organizzazione meteorologica mondiale, che ha preparato 6 liste di nomi propri maschili e femminili (un tempo solo questi ultimi erano ammessi), uno per ogni lettera dell’alfabeto e da assegnare in sequenza. Quando le liste sono esaurite si ricomincia da capo sostituendo, però, i nomi degli uragani legati a eventi che rimarranno nella storia.
Già a maggio, i meteorologi del Climate Prediction Center della NOAA, avevano previsto una stagione degli uragani molto attiva, fino alla fine di novembre. Sarebbe la settima stagione consecutiva con tempeste e uragani sopra la media. La previsione è stata di 14 a 21 tempeste nominate (con venti a 62 km/h o superiori), di cui tra i 6 e i 10 potrebbero trasformarsi in uragani, ovvero con venti di 119 km/h o superiori, o addirittura uragani major di categoria 3, 4 o 5.
L’intensa attività di quest’anno è dovuta al fenomeno La Niña, che prevede acque più fredde della media su parte dell’Oceano Pacifico. Questo tende a potenziare l’attività degli uragani nel Nord Atlantico. Il motivo del verificarsi di tempeste sempre più violente è dato anche dal cambiamento climatico. Nel 2020 l’aumento delle temperature delle acque superficiali degli oceani a livello globale tra gli 0,4 e gli 0,9 gradi in più, ha causato un aumento delle precipitazioni orarie dovute alle tempeste tropicali fino al 10%.
Come nasce un uragano?
Un uragano si forma in tre fasi.
1) Una grande massa di aria calda e umida si eleva in uno strato più alto e freddo dell’atmosfera, lasciandosi dietro un area a bassa pressione.
2) L’aria della zona a più alta pressione scende e va a “riempire” la zona calda a bassa pressione.
3) L’aria calda che è salita si raffrenda e, raffrendandosi, lascia l’umidità nell’atmosfera.
Si crea quindi un movimento ciclico di aria e l’umidità rilasciata in atmosfera che si raffredda e crea nuvole di grandi dimensioni. Quando queste nuvole si ingrandiscono in maniera spropositata rilasciano velocemente l’acqua che hanno accumulato. Questo evento solitamente avviene negli oceani, vista l’evaporazione dell’acqua necessaria ma può spostarsi anche sulla terraferma, facendo danni gravi.
La potenza delle tempeste
La potenza si misura con la scala Saffir-Simpson, chiamata così dal nome degli statunitensi Herbert Saffir e Robert Simpson che l’hanno ideata nel 1969.
Le categorie sono cinque in base alla velocità del vento generato dall’uragano, ovvero:
- Categoria 1 con venti da 118 a 153 km/h. Si tratta di danni limitati a barche, alberi, tetti e lievi inondazioni.
- Categoria 2 con venti da 154 a 177 km/h, con il rischio di evacuare le persone che vivono sulla costa.
- Categoria 3 con venti vanno da 178 a 209 km/h, e danni colpiscono anche le case.
- Categoria 4 con venti da 210 a 240 km/h e gravi danni alle case. Le inondazioni della costa possono superare i 6 metri oltre il livello standard. Si evacuano spesso anche gli abitanti entro i 10 km dal mare.
- Categoria 5 con venti superiori ai 250 km/h. Gli edifici vengono abbattuti e gli abitanti entro i 16 km dalla costa devono abbandonare le case.
Perché si formano principalmente in America?
Uragani, cicloni e tifoni sono varie tempeste tropicali. La differenza riguarda la zona geografica in cui si formano. Infatti, gli uragani si creano in una parte dell’oceano Atlantico e del Pacifico, mentre i cicloni sono tipici dell’oceano Indiano. I tifoni invece si generano nel Pacifico. Perché si formi una tempesta tropicale, la temperatura del mare deve essere di almeno 27 °C, condizione tipica di alcune aree, come appunto l’America e molto meno frequente in Europa (almeno per il momento).
Un aiuto dalle barriere coralline
Secondo il giornale online Vox, le barriere coralline, così come le foreste di mangrovie, potrebbero aiutare a contrastare le onde che arrivano alla costa, fungendo da barriere naturali, riducendo addirittura la loro energia in media del 97%. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista One Earth, la loro capacità di fornire servizi ecosistemici si è però dimezzata dagli anni Cinquanta, perché non tutelate abbastanza.
La Florida è sede della terza barriera corallina più grande del mondo, la Florida Reef Tract, come spiega il Museo di storia naturale dello Stato. Da un’analisi dell’Istituto Geologico degli Stati Uniti, è inoltre emerso che le barriere coralline americane proteggono le case di oltre 18.000 persone, oltre a evitare 1,8 miliardi di dollari di danni causati dalle inondazioni ogni anno.
Gli uragani più devastanti della storia
Tra gli uragani che hanno fatto più danni nel corso del tempo, ricordiamo i seguenti:
GALVESTON: Texas, 1900. Provocò oltre 8.000 vittime.
OKEECHOBEE: Del 1928, noto anche come uragano San Felipe Segundo, è quello ad aver causato il maggior numero di vittime nella storia degli Stati Uniti dopo quello di Galveston, provocando oltre 4mila morti.
LABOR DAY: l’uragano più intenso mai registrato negli Stati Uniti, che nel 1935 devastò le Florida Keys. Con Camille e Andrew, l’uragano del Labor Day è uno dei tre uragani di categoria 5 secondo la scala Saffir-Simpson.
CAMILLE: Estate1969 (di categoria 5). Causa danni enormi in molti Stati con venti che raggiungono i 300 km/h.
ANDREW: nel 1992 l’uragano di categoria 5 colpisce le Bahamas e gli Stati Uniti, provocando la morte di 65 persone e danni per circa 20 miliardi di euro odierni. Prima di Katrina, Andrew aveva il record di disastro naturale più costoso in USA.
WILMA: di categoria 5, nell’ottobre del 2005 con gli effetti più distruttivi nella penisola dello Yucatán, in Messico, a Cuba e in Florida.
KATRINA: Agosto 2005. Uno degli uragani più gravi della storia del Paese, sia dal punto di vista economico che per quanto riguarda le vittime.
RITA: Nel settembre 2005 ha provocato danni per circa 18 miliardi di dollari come uragano di categoria 3.
IKE: è il quinto uragano e il terzo più grande della stagione atlantica del 2008.
SANDY: Nel 2012 colpisce Giamaica, Cuba, Bahamas, Haiti, la Repubblica Dominicana e la costa orientale degli Stati Uniti.
IRMA: Sviluppato ad agosto 2017 al largo di Capo Verde, si è evoluto velocemente fino a raggiungere categoria 4.