Il fenomeno K-pop è sempre più in ascesa negli ultimi anni. Il genere di musica coreana è diventato tanto popolare nel mondo con il suo stile che si differenzia dal pop americano. La K indica infatti la sua provenienza: la Korea. Un genere che miscela elementi di musica elettronica e influenze Hip Hop.
Quando è nato il K-pop?
La musica pop coreana nasce circa trent’anni fa, quando Lee Soo Man fonda l’azienda SM Entertainment, oggi una delle principali aziende di intrattenimento coreane. Il fenomeno esplode nel 1992, quando il gruppo Seo Taiji and Boys partecipa a uno show televisivo del paese, presentandosi con una performance che inseriva nei testi delle canzoni alcune parole inglesi, dal ritmo hip hop e R&B, con coreografie e motivetti che facevano impazzire i giovani. Sebbene i giudici dello show non apprezzarono la performance, i più giovani se ne appassionarono e loro scalarono le classifiche rimanendo in prima posizione per 17 settimane di fila.
L’ascesa del K-pop e le star del momento
Il K-pop è quindi il genere asiatico che ha conquistato il mondo nel nuovo millennio, tanto da arrivare ovunque con artisti come Psy (il cantante di Gangnam Style), surclassando nelle prime posizioni nelle in America grandi artisti internazionali, grazie a fenomeni come BTS e Blackpink. Spesso protagonista della cronaca nera per le tragiche morti di alcune delle sue star, è un genere musicale che fa discutere per le sue caratteristiche. Il fenomeno sembra essere molto più industriale più che artistico, mosso da un sistema che fagocita le vite degli stessi artisti.
K-pop: le caratteristiche
Genere ibrido, il K-pop mescola le tendenze musicali occidentali (dall’house all’R&B, fino all’hip hop e al rock, passando addirittura per il jazz e il soul) con un’attenzione particolare per la parte visiva delle esibizioni, dai vestiti, ai colori, fino alle coreografie.
Gli artisti tipici di questo genere seguono un canone di bellezza che spesso è stato oggetto di critiche da parte del mondo occidentale, perché aspirano a modelli più ideali che reali, e seguono delle mode tra loro molto distinte. Vi sono look da strada, retrò, futuristici, sexy e molto altro.
Il sistema industriale che muove la macchina del successo del K-pop è molto severo. Gli artisti sono gestiti da alcune agenzie, che impongono look, musica e ogni esposizione pubblica. Un processo industriale che ha sollevato numerose critiche per gli obblighi cui sono costretti gli artisti e per la ‘sessualizzazione’ delle ragazze.
L’evoluzione dagli anni 2000
Molti gruppi nati agli inizi degli anni novanta sono spariti per un breve periodo, finché il genere si è ripreso negli anni duemila. All’inizio del secolo, arrivarono nuovi artisti pronti a rivoluzionare il K-pop, cominciando a rinnovare la loro musica con elementi di elettronica.
Si sente ora una forte influenza statunitense che li ha portati ad essere ascoltati anche fuori dalla propria nazione. Tra i nomi più famosi, vi sono Girls’ Generation, Big Bang, 2pm, 2ne1 e EXO, o solisti come Hyuna, che ha collaborato con molti marchi di alta moda, o G-Dragon e CL conosciuti per aver lavorato con Skrillex.
Il j-pop
Nonostante l’ampio successo, il K-pop è un fenomeno che rimane spesso sconosciuto al pubblico generalista, ma è destinato a crescere nei prossimi anni. Infatti, i media coreani nascono con il preciso intento di soddisfare un pubblico globale.
Questo è tipico della cultura orientale. Oltre al K-pop infatti, molto apprezzato nella terra d’origine è il J-pop, la variante nipponica del genere. Il J-pop, ovvero il pop giapponese, rimane noto al di fuori del Giappone solo nelle nicchie, soprattutto tra gli otaku (seguaci di anime e manga). È raro che gli artisti J-pop riescano a costruirsi la popolarità anche in Occidente, poiché difficilmente escono dal Giappone, e se lo fanno, è con eventi di portata molto piccola. Oppure, si distaccano completamente dal genere madre. Non a caso, l’artista giapponese più famoso nel mondo è Joji, di padre australiano, che vive negli Stati Uniti da anni e che segue gli interessi del mercato musicale occidentale. Altri esempi analoghi possono essere Sarah Midori Perry, nota come frontwoman della band inglese Kero Kero, o la cantante hyperpop Rina Samawara, anche se di giapponese nella loro produzione musicale hanno relativamente poco o niente.
Un caso unico è quello di Hatsune Miku, una cantante virtuale giapponese nota anche in Occidente proprio perché è la prima artista completamente virtuale a esibirsi sotto forma di ologramma. La voce è il prodotto di un software commerciale, Vocaloid, che permette a chiunque di “cantare” artificialmente.
Le star del K-pop conquistano l’immagine e la moda
Le stelle della musica coreana sono i nuovi rappresentanti di tutto ciò che è cool, trendy e alla moda. In Italia, abbiamo visto di recente gli Enhypen alla sfilata Prada e l’annuncio di Valentino e Dior della scelta di nuovi ambassador tra i membri della band coreana BTS. Le case di moda li invitano ai propri show perché sanno che la loro immagine è molto curata, e cercano di intercettare una fetta di mercato più giovane. Valentino, Dior, Celine, Louis Vuitton, Saint Laurent e Chanel, sono solo alcune delle più importanti case di moda che hanno scelto la ‘coreanità’ pop per rappresentare ciò che oggi è trendy e contemporaneo.
In sostanza il K-pop è questo, un insieme di professionisti che creano prodotti più industriali che artistici, eseguiti da professionisti della performance e basati sull’immagine più che sul talento. La formula coreana è destinata a crescere e diventare influente in Occidente. Si andrà incontro a prodotti sempre più musicalmente simili ai brani K-pop, per seguire il loro successo.
In copertina foto di Jeon Han da Wikimedia Commons