attacco girasoli Van Gogh
CULTURA

Perché gli ambientalisti se la prendono con l’arte?

A Londra, alla National Gallery, lo scorso 14 ottobre due attiviste ambientaliste del gruppo Just Stop Oil hanno lanciato della salsa di pomodoro su uno dei dipinti più famosi al mondo: «I girasoli», di Vincent van Gogh (1888). La cornice è stata lievemente danneggiata ma ha il dipinto ne è uscito illeso. Non si tratta che di uno dei numerosissimi recenti episodi che vedono coinvolte le gallerie d’arte di tutto il mondo. Tra questi forti atti di protesta sorge spontaneo chiedersi perché gli ambientalisti se la prendono con la cultura?

Salsa di pomodoro sui girasoli di Van Gogh

«Poco dopo le 11 di questa mattina due persone sono entrate nella stanza 43 della National Gallery. La coppia si è incollata alla parete a cui sono affissi “I girasoli” di Van Gogh. Hanno anche lanciato una sostanza rossa, che pare sia salsa di pomodoro, sul dipinto. La stanza è stata sgomberata dai visitatori ed è stata chiamata la polizia. Gli agenti sono sul posto», ha detto il portavoce della galleria londinese. Entrambi gli attivisti sono stati arrestati. Just Stop Oil, il gruppo mandante della protesta, ha risposto chiedendo «che il governo del Regno Unito interrompa tutti i nuovi progetti di petrolio e gas», e ha aggiunto: «L’azione di oggi arriva dopo due settimane di ininterrotta resistenza civile da parte dei sostenitori di Just Stop Oil. L’azione è in risposta all’inerzia del governo sia sulla crisi del costo della vita sia sulla crisi climatica».

Da La Gioconda in poi: i quadri presi di mira contro il cambiamento climatico

Il primo episodio che tutti ricorderemo risale a maggio, quando un uomo ha lanciato una torta alla panna contro La Gioconda custodita al Louvre di Parigi. Il capolavoro di Leonardo da Vinci è conservato da un vetro blindato, che l’ha protetto da ogni danno. L’autore del gesto, si è avvicinato all’opera su una sedia a rotelle per avvicinarsi all’opera con facilità per poi imbrattare il vetro gridando slogan ambientalisti. Ha poi sparso delle rose prima di essere fermato dalla sicurezza. «Ci sono persone che cercano di distruggere la terra. Pensa alla Terra! Ecco perché l’ho fatto» è quanto ha gridato mentre compiva il gesto.

Due mesi più tardi gli attivisti di Just Stop Oil hanno iniziato le loro proteste prendendo di mira la National Art Gallery di Londra. «L’arte vale più della vita? Più del cibo? Più della giustizia?» questa è la domanda che si pongono contro l’uso dei combustibili fossili. Entrano nei musei, a volte attaccano sopra i quadri dei poster che mostrano gli effetti del riscaldamento globale, scrivono per terra «No new oil» e infine si incollano ai dipinti. E poi si spalmano della colla sulla mano e si attaccano alle cornici.

Qualche giorno fa in Australia, al Museo nazionale di Melbourne, due militanti di Extinction Rebellion, si sono incollati a un quadro di Picasso per protestare contro le nuove forniture di petrolio e gas. E in luglio alcuni ambientalisti italiani si erano incollati alla Primavera di Botticelli per unirsi alle proteste.

In questo modo, sono già state colpite molte opere: un quadro di Horatio McCulloch a Glasgow, una copia dell‘Ultima Cena di Leonardo Da Vinci alla Royal Academy of Arts, un dipinto di Van Gogh al Courtauld Institute of Art di Londra, un dipinto di Turner a Manchester e un quadro di Constable alla National Gallery «Non vogliamo nessuna nuova licenza e consenso per la produzione, lo sviluppo e l’esplorazione di combustibili fossili nel Regno Unito. Questa richiesta non è difficile da attuare, chiediamo solo al governo di rilasciare una dichiarazione e di attenersi ad essa, ma è assolutamente necessaria poiché il nostro futuro sta rapidamente diventando invivibile» è questa la loro posizione.

Cosa c’entra l’arte con il clima?

Che li si appoggi o no, gli attivisti per il climate change puntano all’arte perché hanno capito che è un punto debole nell’immaginario collettivo e suscita sicuramente una reazione. L’arte dopo tutto contempla il bello ma in un mondo che rischia l’estinzione, questo potrebbe sparire del tutto.

Che diritto abbiamo, si stanno chiedendo, di godere dell’abilità umana, se l’essere umano viene dimenticato? Sotto al quadro di Picasso nel museo di Melbourne era stato messo uno striscione che recitava “Climate Chaos = War and Famine“, proporio a sottolineare che se non si agisce ora si arriverà a guerra e carestia e non si potranno più apprezzare le bellezze umane.

Gli autori di questi gesti talvolta estremi sanno che l’opera è ben protetta dietro a un vetro. Ma sanno anche che l’arte parla di noi e della storia dell’umanità e quando è sotto attacco ci sentiamo minacciati. Il punto è proprio questo: siamo sotto attacco dal cambiamento climatico, è questo dovrebbe fare più paura. «Quando miliardi di persone soffrono e rischiano la vita, a che serve l’arte?», spiegano gli attivisti di Just Stop Oil. «Quando prendi di mira l’arte», aggiungono, «forzi un cambiamento di prospettiva: Cosa conta davvero per te? La risposta è spesso la più semplice: tutti noi vogliamo vivere, tutti vogliamo che i nostri figli vivano». E che possano ammirare le bellezze della nostra storia artistica.

Che effetto hanno queste azioni?

Resta lecito chiedersi se i danneggiamenti all’arte sono davvero il modo giusto per farsi sentire. L’attacco non dovrebbe essere rivolto a chi non ha realmente alcun interesse per il futuro del pianeta e continua imperterrito a sfruttare combustibili fossili? Infine, bisogna considerare anche che sporcare un luogo o un’opera vuol dire far lavorare inutilmente gente già pagata molto poco. Sebbene sia giusto manifestare una propria idea, un proprio pensiero, il rischio è quello di ledere gli altri o di non arrivare a comunicare come si deve e con i diretti interessati. Certo è anche che i gesti estremi portano inevitabilmente a una reazione che fa parlare di sé, che è comunque meglio che passare inosservati.

Melissa Mercuri

Giornalista pubblicista, mi occupo anche di copywriting, social media, traduzioni audiovisive, ufficio stampa e insegnamento.

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