Accostiamo sempre il body shaming al mondo femminile. Ritenuto il più colpito e fragile alle critiche e giudizi estetici. Ma non è così. Anche le donne possono essere perfide ed emarginare certe caratteristiche fisiche degli uomini. In questo caso parliamo di body shaming al maschile, citando sia lo “short shaming“, ovvero la discriminazione nei confronti dell’altezza (troppo bassa) di un uomo, che il famoso “dick shaming“, ovvero deridere un maschio per le dimensioni (piccole) del suo pene.
Body shaming al maschile, sulle App di incontri lo short shaming dilaga
Nel mondo femminile prevale il fat shaming, ovvero la derisione per il peso corporeo ritenuto grasso e brutto. Ma anche nei confronti di peli troppo presenti sulle parti del corpo, delle dimensioni del seno, sedere e così via, ci si accanisce. Se ne è fatta una vera e propria lotta contro il body shaming, con la bandiera alzata di body positivity. E fin qui, nulla da eccepire, anzi; era ora. Dagli anni ’90 non si fa che promuovere la magrezza e la perfezione del corpo femminile come baluardo di icona e modello da raggiungere. L’epoca in cui le top model (anoressiche) delle passerelle dettavano diktat su come sarebbe dovuto essere il corpo “giusto”. Mancava uno slogan con scritto: “Magro è bello. Grasso è brutto”. O forse è esistito? Ricordate quando, nel 2007, Oliviero Toscani firmava la campagna pubblicitaria di forte impatto “No anoressia” per Nolita?
Comunque sia, siamo entrati nell’era dell’inclusività. Su molti piani. O almeno in apparenza. E ciò comprende anche l’imperfezione del corpo e l’accettazione di sé e dei propri difetti. Solo che, molto spesso, ci dimentichiamo anche del mondo maschile. Colpito anche lui dalla “vergogna del corpo“. Nonostante l’essere virile, l’uomo ha comunque dei sentimenti e un certo orgoglio. Ciò non significa che non possa soffrire per delle mancanze o diversi standard di bellezza. Proprio come per le donne.
Specialmente sulle App di dating, come Tinder, si evince un trend contro una caratteristica specifica degli uomini: lo short shaming. Sempre più ragazze specificano nella propria bio l’altezza minima che pretendono per chattare; oppure scrivono frasi offensive come: “no nani da giardino”; e ancora: “altezza minima richiesta 1.75”. Queste sono tutte discriminazioni oltre che cattiveria gratuita. Nessuno le obbliga a farsi piacere ciò che non vogliono. Ma c’è modo e modo di esprimerlo e sedi opportune. Anche perché si entra nel cyberbullismo.
Male body shaming: lo studio universitario in America
In Illinois, presso la Bradley University, è stato avviato l’innovativo “The Body Project”, programma che voleva individuare e rappresentare quanto la percezione del proprio corpo è un problema globale, senza distinzioni di età, razza o sesso. I dati estrapolati a seguito di alcune ricerche del 2013, hanno evidenziato che il 95% dei maschi, con un’età fra i 20 e i 25 anni, è insoddisfatto del proprio corpo; mentre, in un altro studio del 2014, è risultato che il 90% degli uomini fosse in costante lotta contro i giudizi negativi verso di sé e la propria insoddisfazione estetica.
Si parla ancora troppo poco di male body shaming, anche se in Italia e nel mondo esistono degli influencer curvy che sfidano i pregiudizi e i canoni di uomo macho e muscoloso.
Se perpetrato da donne verso uomini, il risultato che può saltare fuori potrebbe rivelare scenari di spiccato machismo e violenza, date da un costante rifiuto e scherno da parte del mondo femminile.
Prendere in giro, evitare o bullizzare un uomo perché non è abbastanza alto secondo i propri standard, quindi fare il cosiddetto short shaming, è perciò una forma di violenza contro un ragazzo. Peggio ancora quando l’oggetto di scherno è il suo fallo. Punto nevralgico di virilità e orgoglio per qualsiasi essere di sesso maschile sulla faccia della terra e di misurazione di ogni valore personale. Toccategli la misura del pene, deridetelo e avrete un uomo molto incazzato e vendicativo. Penso che al femminile non ci sia un corrispettivo paragonabile al dick shaming.
Bisognerebbe sensibilizzare più abbondantemente, sia uomini che donne, al rispetto dell’altro e al suo ‘guscio’. Ai suoi difetti e alle sue particolarità. Bisognerebbe educare già fin da piccoli all’umanità.